LUIS SERRANO
Chiara Stefani
Wohnen heifit Spuren hinterlassen
Letti disfatti al museo Mario Praz
in Bedding, catalogo della mostra (Roma, Museo Mario Praz, 6 ottobre - 4 novembre 2012), Roma (Palombi Editori) 2012, pp. 7-10
Una decina di dipinti, un unico comune denominatore: un ambiente spoglio con un letto disfatto. Questa la scelta che l'artista spagnolo, naturalizzato romano, Luis Serrano propone al pubblico del museo Mario Praz in occasione della Vili Giornata del Contemporaneo. Al visitatore degli ambienti di Palazzo Primoli, nei quali l'anglista soggiornò dal 1969 fino alla sua morte, l'offerta non potrà non apparire ardita per quell'effetto di spaesamento che chiunque potrà esperire una volta attraversata l'elegante galleria, lo studio verde del professore con le pareti gremite di dipinti e arredi fin quasi a lambire i finti stucchi del soffitto, la sua camera da letto composta dove l'occhio si perde nella varietà dei decori, dalle grottesche dei papiers-peints ai ventagli multicolori. Varcare la soglia di quella che un tempo era la guardaroba di Praz e trovarsi immersi in un groviglio di lenzuola, coperte e piumini variopinti, non potrà che creare un effetto di inaudita sorpresa e richiedere allo spettatore la capacità di adattare il proprio sguardo a una prospettiva diversa, non solo per compiere una diversa esperienza estetica, ma anche per pensare o ripensare l'arredamento di una camera da letto e la sua storia.
Le righe che seguono non potranno allora che porsi come suggerimenti per facilitare il visitatore del museo nell'approccio tutt'altro che scontato alle opere che Luis Serrano, nel corso degli ultimi due anni della sua multiforme produzione, ha dedicato al tema del letto disfatto. Un motivo che vanta illustri precedenti a livello grafico, di cui, uno in particolare, segnalato come fonte esplicita dallo stesso artista. E un acquarello di Eugène Delacroix dove i drappi bianchi — che avvolgono anche i l cuscino — abbandonati da una figura fuori campo si riversano per forza di gravità al suolo, coprendo quasi interamente la base di un letto privo di testata (1). Il biancore delle lenzuola che emerge dall'ombra di un ambiente volutamente sfuocato concede poco spazio ai dettagli del materasso azzurro e di una sovracoperta gialla: un'economia di mezzi cromatici che Luis Serrano ha talvolta rispettato, ma più spesso disatteso, concentrandosi sul dialogo che i colori dei tessuti intrecciano fra di loro e con la luce, nel riverbero creato dalle molteplici pieghe.
Nel corso del secondo decennio dell'Ottocento Delacroix ha variamente riflettuto sul tema del letto, approfittando della liquidità dell'acquarello su tracce di grafite per delineare i contorni di cuscini e lenzuola in modo da sfruttare la luminosità del foglio, volutamente risparmiato, oppure per stendere campiture di colore in corrispondenza di pieghe e ombre. Queste ultime, nell'acquarello che Serrano ha avuto in mente lavorando sul tema del letto disfatto, si compongono in modo inedito nell'immagine nascosta di un volto, o forse di una maschera — gli occhi socchiusi, un piccolo naso, la bocca semiaperta - la cui fronte e mento sembrano avvolti dallo stesso drappo spiegato a fianco del cuscino. Un interno con letto e un altro con una culla, sormontati entrambi da baldacchino, costituiscono altri esempi nella grafica di Delacroix, della rappresentazione di un oggetto d'arredo che accompagna l'esistenza umana nelle sue varie fasi, e con diverse connotazioni, dalla nascita fino alla morte (2) . Abitato da una presenza indefinita, il letto diventa inoltre cornice, in due fogli di un taccuino di Delacroix (3), della lettura notturna a lume di candela: un tema caro alla penna di Praz, desunto da un acquisto d'occasione (4).
Le stanze che ospitano i letti dipinti da Luis Serrano non sono mai abitate: eppure, esse appaiono il palco di una o più presenze che sembrano essersi appena smaterializzate. E in questa dialettica con una assenza che il letto — quasi sempre unico arredo di ambienti vuoti - condensa in se stesso tutto l'aspetto narrativo del dipinto, sottraendo l'opera alle categorie della pittura di storia che per essere considerata tale ha sempre richiesto, secondo le norme accademiche, delle figure. Proprio perché disfatti, i letti di Serrano parlano di presenze che li hanno abitati, forse fino all'istante in cui l'occhio indiscreto del pittore si è insinuato in stanze appena abbandonate: come di fatto è talvolta accaduto, nella genesi pittorica di alcune delle tele esposte. Le figure uscite dalla porta lasciata aperta all'artista o ancora vive nei suoi ricordi — quasi ìmagìnes agentes della mnemotecnica antica — sono evocate dall'aspetto dell'ambiente che esse hanno vissuto in un passato prossimo o remoto. Ovvero, i loci che sono stati teatro di alcuni momenti della loro esistenza, ci parlano di quelle stesse figure che li hanno abbandonati arrivando quasi a suggerire la loro presenza corporea.
In questo senso Luis Serrano vanta un altro interessante precursore. Verso il 1845 Adolf von Menzel ha disegnato a carboncino un letto disfatto (5) che Michael Fried, nel contesto di una analisi sul realismo dell'artista, ha chiamato in causa per esemplificare quella da lui definita come Art of Embodiment (6). Tra le varie pieghe di cuscini scomposti e lenzuola debordanti oltre i l materasso visibile sul margine sinistro del foglio, si percepirebbe cioè tutta la fisicità di quel o di quei corpi che hanno occupato i l letto e che sono in un certo senso presupposti dall'immagine stessa. Attribuendo agli arredi - lenzuola, cuscini, coperte - sensazioni corporee percepibili dallo spettatore, il disegno costituirebbe un chiaro esempio di quel processo di transfer, voluto secondo Michael Fried da Menzel nelle sue opere, in base al quale le cose ricevono animazione dalle persone.
A prescindere da questa interpretazione critica, preme piuttosto qui sottolineare la vivacità di un tema come quello del letto disfatto nei termini di un legame dialogico intrattenuto con lo spettatore che sarà naturalmente portato a interrogarsi su chi abbia abitato queste stanze, su quale fosse il contesto dell'intera abitazione, e indotto a costituirsi, sulla base degli scarni dettagli forniti dall'artista, un proprio paradigma indiziario. Per immaginare forse poi un discorso narrativo.
Wohnen heijßt Spuren hinterlassen, scriveva Walter Benjamin nel quarto capitolo del saggio dedicato a Parigi, facendo accenno all'arredamento degli interni sotto Luis-Philippe d'Orléans (7) . Ovvero: le tracce lasciate da chi abita uno spazio si imprimono nell'ambiente al punto da fornire materia per tutti coloro che di essi vorranno ricostruire una storia, vuoi da detective o da narratore. Se l'uomo escogita coperture, rivestimenti, custodie per gli oggetti d'uso quotidiano che lasciano di per sé un'impronta nell'interno abitato, è vero anche che colui che abita un interno vi imprime il proprio segno, scriveva Benjamin. Per lui l'interno rappresentava il luogo di enfatizzazione di quelle tracce che componevano la casa come espressione compiuta di una personalità.
Un concetto questo che Praz interiorizzò ed esplicito a più livelli. E lui stesso che cita Benjamin, traducendolo liberamente a due riprese nelle pagine introduttive della Filosofia dell'arredamento (8). Ma già egli aveva fatto propria l'idea secondo la quale: "Questo, e non altro, è, nella sua ragione più profonda, la casa: una proiezione dell'io; e l'arredamento non è che una forma indiretta di culto dell'io" (9). Facendo riferimento alla corrispondenza tra mondo materiale e mondo spirituale teorizzata da Emanuel Swedenborg, Praz vedeva nell'ambiente abitato "un museo dell'anima, un archivio delle sue esperienze", per arrivare ad anticipare le citazioni da Benjamin in un passo che sviluppa l'azione del verbo tedesco abdrücken — realizzare un calco - applicata idealmente all'arredamento. "E come
molti mobili sono calchi del corpo umano, forme vuote per accoglierlo: la sedia, la poltrona, il sofà sue basi, i l letto un astuccio [ . . . ] ; così tutto l'ambiente finisce col diventare un calco dell'anima", scriveva Praz (10).
Di letti l'appartamento di Palazzo Primoli ne possedeva ben più di coloro che - adulti o bambini - lo abitassero e Praz era a conoscenza di tutte le possibili denominazioni con le quali distinguere un lit en chère à prècher o à la romaine, un lit Etrusque, en pavillon o a dome. Nelle tavole da lui parzialmente raccolte della Collection de meubles et objets de goùt di Pierre-Antoine Leboux de La Mésangère, pubblicate a fascicoli intorno al 1830, Praz aveva trovato ispirazione per far realizzare - sul modello del Lit à couronne N°l56 - il baldacchino che sormonta il lit en bateau della camera di Lucia. Se da una parte lo spirito di indagine filologica lo portava a documentarsi sulle raccolte di arredamento illustrate del tempo, dall'altra Praz accettava talvolta anche licenze poetiche, essendo capace di ornare di propria iniziativa lo stesso letto con bronzi di sua scelta. Perché in fondo, egli ammetteva: " il letto ha per sé oramai più che i l pregio dell'antichità, quello di sapermi raccontare tanta parte della mia vita" (11).
E questa parte di esistenza a noi non nota che i letti disfatti di Luis Serrano nascondono, lasciando allo spettatore la curiosità di immaginare le storie che alcuni indizi sparsi possono rivelare. Uno fra tutti, si ritrova tra i pochissimi dettagli che decorano le pareti spoglie di questi interni e sembra una citazione pittorica esplicita: quel paio di guanti da lavoro - ritratti a fianco di un paio di stivali di gomma verdi — che rimandano forse a Giorgio De Chirico, attraverso Fausto Pirandello (12).
Una dichiarazione probabilmente involontaria di filiazione poetica, da parte di un artista che ben conosce i l mestiere di pittore.
Note
1 Parigi, Museo del Louvre, Département des Arts Graphiques, RF 31720 (in deposito al Musée Eugène Delacroix). Acquarello; H. 185 ; L.299 mm., per cui si veda Maurice Sérullaz, Inventare generale des dessins. Ecole francaise. Dessins d'Eugène Delacroix 1798 - 1863, Paris, Editions de la Réunion des Musées nationaux, 1984, n.1241.
2 Parigi, Museo del Louvre, Département des Arts.Graphiques, RF 9811 e Album Delacroix Eugène -28-, folio 54 (rapporti au recto).
3 Parigi, Museo del Louvre, Département des Arts Graphiques, Album Delacroix Eugène -7-, folio 19 (dessiné au verso) e folio 20 (dessiné au recto).
4 Mario Praz, Lettrice notturna, Roma, Casini, 1952. Il dipinto ricollocato nel 2008 nella camera di Lucia, a olio su zinco, H. 26,5; L.32,5 che porta il titolo di Lettrice notturna, è l'Inv. 13942.
5 Berlino, Kupferstichkabinett (SZ Menzel N 310), carboncino nero e sfumino su carta grigia, H. 221; L.353 mm.
6 Michael Fried, Menzel's Realism: Art and Embodiment in Nineteenth-Century Berlin, New Haven, Yale University Press, 2002, pp.41-43.
7 Walter Benjamin, Scbriften, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1955, vol.I, pp.414-416.
8 Mario Praz, La Filosofia dell'arredamento. I mutamenti del gusto della decorazione interna attraverso i secoli dall'antica Roma ai nostri tempi, Milano Longanesi, 1964 [la edizione senza illustrazioni, Roma, Documento, Libraio Editore, 1945]; edizione citata Milano, Longanesi, 2009, p.23-24 e p.26. Praz traduce con "dileguarsi" il verbo "sich abdriicken" del passo di Benjamin.
9 Ibidem, p.20.
10 Ibidem, p.22.
11 Mario Praz, La casa della vita, Milano, Mondatori, 1958; edizione citata (3a) Milano, Adelphi, 1995, p.197
12 Penso a Giorgio De Chrico, Triangolo metafisico con guanto, olio su tela; H.69; L. 48 cm. Firmato e datato, in basso a destra: G.De Chirico 11958, Roma, Fondazione Giorgio e Isa De Chirico, Inv. 292 e a Fausto Pirandello, Natura morta con guanti (1935 ca.), olio su tavola; H.38; L.L.46 cm. Firmato in basso a sinistra: PIRANDELLO. Collezione privata (Claudia Gian Ferrari, Fausto Pirandello, Milano, 2009, cat.127, p.l 13 e fig. p. 40).